martedì 19 agosto 2008

Un gentile sacrificio di sangue

Detesto l’estate in rianimazione.
È la stagione dei politraumi, degli incidenti stradali, dei pazienti giovani, mentre tutti sono in vacanza e la città sembra appena bombardata con bombe intelligenti, eppure, anche in questa stagione infame succedono cose che mi commuovono:
A noi rianimatori si concede praticamente tutto, da una risonanza in 10 minuti a farmaci che costano 1500 euro a fiala e se ne usano 3 fiale per paziente, ma anche noi, che siamo praticamente onnipotenti perché “salviamo vite umane” dobbiamo subire pratiche burocratiche complicate e un terzo grado serrato dal centro trasfusionale quando chiediamo il sangue.
Il sangue è essenziale per i pazienti gravi e non si sintetizza, non s’imita, non si vicaria. Esiste solo un modo per ottenerlo: che qualcuno sano e consenziente lo doni. E, ca va sans dire, i donatori non sono mai quanti quelli che ne hanno bisogno.
L’altro ieri è arrivato in rianimazione Andrea, un ragazzo di 30 anni e spicci che ha fatto un incidente in moto. Un brutto incidente davvero. È stato portato sul tavolo operatorio due volte ed ora è qui da noi in bilico. Gli abbiamo trasfuso litri e litri di sangue e plasma e qualunque emoderivato avessimo a disposizione.
Fuori dalla rianimazione staziona da due giorni un gruppo variabile di ragazzi tra 10 e 30 anni che ogni volta che esce un medico, fosse pure per andare alla macchinetta del caffè lo fissano in silenzio con occhi enormi come passerotti affamati di notizie.
Ieri li abbiamo convocati e abbiamo chiesto loro se potevano trovare qualcuno che andasse a donare il sangue perché il nostro trasfusionale era allo stremo delle forze.
-“Già fatto” mi ha risposto la sorella, una gnappetta 25enne con un sorriso luminoso”oggi abbiamo portato a donare 70 persone”
-“e domani ne verranno altre 50” ha rincarato un ragazzo che le stava vicino con l’aria allegra di chi annuncia i partecipanti a una festa “ basteranno per Andrea?”
Io mi sono immaginata il trasfusionale pieno di gente e tutte quelle sacche piene, mentre loro mi guardavano con aria di attesa speranzosa, come se la loro offerta fosse non tanto nei litri, quanto nel gesto, un fioretto agli dei per far guarire il loro amico,una specie di gentile sacrificio di sangue sull’altare della speranza che poi è la porta di questa rianimazione del cazzo.
E ho dovuto inghiottire un paio di volte prima di riuscire a parlare perché mi veniva da piangere per la commozione.

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